La stanza
Una poesia malridotta, ovvero un pensiero sbiadito scritto troppo di corsa. Quando le preoccupazioni riguardanti la salute dei propri cari si affastellano non c’è scampo, solo la scrittura viene in soccorso. Non le importa se non ti senti abbastanza in forma per affrontarla. Così scrivo da balbuziente, cercando di trovare il filo di un discorso ormai stanco. Provo a non chiedermi se c’è davvero della poesia in queste poche parole, così da liberarmi del suo peso. Perché solo la leggerezza può venirmi in soccorso. Il fare è tutto, la concentrazione la via d’uscita da questo impasse. Tutto quello che voglio adesso è produrre, anche senza essere letta. Perché in fondo tra queste righe c’è soltanto il desiderio di riordinare un po’ i pensieri un po’ la stanza.
Nel petto una miriade di brividi
che scivolano sulle braccia,
s’insinuano tra le dita,
minuscole formiche urticanti
dall’antica meta
s’abbarbicano nel profondo.
Il tempo
ha i piedi bloccati nel cemento
e un lamento
assottiglia
lentamente
il respiro,
radicandosi
nel vuoto.
È come stare sott’acqua,
avendo i polmoni compressi,
schiacciati,
dal peso della paura.
Si sbriciola ogni cosa
viene sezionata
e messa in serbo
in scatole di cartone,
ognuna per un desiderio mal riposto.
Ai pensieri scalzi si gelano le dita
estremità che sfiorano gli abissi,
mentre io vorrei soltanto
sistemare un po’ la stanza
un po’ la vita.
Opera in evidenza “La stanza di Vincent ad Arles”, Van Gogh (1888)